L’Evoluzione della Salsa

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Alcune teorie sulle origini della Salsa, la vedono come connubio di ritmi preesistenti…quali il Son, il Mambo, la Rumba…
Alla tradizione cubana, in cui l’espressione di questa danza si manifesta nei rituali di corteggiamento e galanteria, si affiancarono nel tempo tradizioni e culture diverse provenienti dall’Europa e dall’America .
Nel tempo alcuni ritmi rimasero caratterizzati da tipiche sonorità africane (Conga, Rumba, Guaguanco’, Yambu’ e Columbia) mentre il Danzòn, fu la prima mescola dei ritmi africani con la contraddanza francese.

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L’ indipendenza cubana e il divieto di suonare i tamburi africani, scaturi’ la nascita di formazioni vocali  (Camos de Clave) e da qui…di testi per le canzoni.
Con l’approdo negli Stati Uniti intorno agli anni ’70, mediante l’interazione con altre culture musicali, questo ritmo evolse in “Salsa metropolitana”, più vicina alla realtà del Barrio, quartiere latino di New York.

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La colonia di Puerto Rico invece, fu più  avvantaggiata grazie alla  presenza di case discografiche americane, attraverso le quali, riuscì a sviluppare ed incrementare questo nuovo ritmo.
La Salsa ebbe poi una diffusione mondiale.. e, al di là dell’origine, delle varie evoluzioni ed influenze… con questo  termine , tutti indicano  un ritmo, la sua contaminazione,  comunicazione e  calore…

*i contenuti di questo articolo hanno carattere divulgativo ed informativo.
** i contenuti di questo articolo trovano ispirazione dall’esperienza didattica e professionale dell’autore unitamente ad una selezionata ricerca sitografica e bibliografica.

Del M° Nicola Gelsomino

Cha cha cha , la storia di un mambo-rumba che esplode in un successo senza tempo.

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All’inizio del 1900 a Cuba, insieme alla rumba al danzon e al mambo , si sviluppò un nuovo genere musicale che nel 1951 il violinista Enrique Jorrin definì mambo-rumba e che solo due anni dopo fu etichettato come “cha cha cha“. Quella di Jorrin non fu una vera e propria scoperta bensì un’attenta osservazione : i ballerini non eseguivano più la pausa sul battito slow ma continuavano la sequenza coreografica con un triplo chassé .
L’etimologia del termine cha cha cha è riconducibile a due filoni: onomatopeico e strumentale . Nel primo caso si faceva riferimento al suono che producevano le scarpe a contatto con il pavimento durante l’esecuzione del triplo passo e con ciò è possibile pensare a danze effettuate in sale da ballo e non più su terra battuta . Nel secondo caso il termine “cha cha cha” era riferito ad un sonaglio utilizzato per scandire il tempo all’interno di un’orchestra animata da flauti , violini e congas.

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La diffusione del cha cha cha si può definire esplosiva e intramontabile. In America nel 1953 musicisti come Perez Prado, Tito Puente e Xavier Cugat parteciparono attivamente alla divulgazione musicale del cha cha cha, nel 1954 Enrique Jorrin fece lo stesso in Messico attraverso la mediazione di programmi televisivi e radiofonici .

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Contemporaneamente in Europa il nuovo genere musicale trovò terreno fertile riscontrando un notevole successo tra ballerini e musicisti mentre il popolo italiano solo nel 1961 fu conquistato a ritmo di cha cha cha dalla compagna soubrette del grande Xavier Cugat , Abbe Lane , attraverso il piccolo schermo.

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Del M° Nicola Gelsomino


 

TRADIZIONI AFROISPANICHE: INFLUENZE EUROPEE A SVILUPPO MONDIALE

TRADIZIONI AFROISPANICHE: INFLUENZE EUROPEE A SVILUPPO MONDIALE

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Verso la fine del XVIII secolo a Cuba approdarono le navi statunitensi ed europee, evento che segnò la nascita di confluenze culturali e musicali: da un lato la classe borghese portatrice di un concetto di “danza” e “contradanza” tecnicamente sofisticato e dall’altro un meno aristocratico stile afro-ispanico-cubano.
Sull’isola la danza trovò sfogo in numerose sale da ballo tassativamente vietate al popolo cubano il quale decise di crearne delle nuove, luoghi in cui nacque il “danzon“, un ballo costituito da una serie di passi e movimenti amalgamati in chiave satirica, l’esatta parodia delle danze proprie delle classi borghesi.
Il danzon prevedeva un ritmo lento ed era eseguito secondo gli schemi di una base unica: dama e cavaliere passeggiavano l’uno sotto il braccio dell’altro salutando pseudo-elegantemente le coppie presenti in sala investendo uno spazio di ballo delimitato da un quadrato immaginario.
Tra gli strumenti musicali più utilizzati ricordiamo violini, flauti e pailas.
Con il tempo, però, il danzon subì un’evoluzione scandita dalla nascita del cosiddetto “danzonete“: i movimenti rigidi lasciarono spazio ad altri più morbidi e sinuosi in cui la flessione delle gambe favorí una sensualità adattata alle note di una musica definita da un ritmo più incalzante.

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Nel 1950 il danzonete subì un rinnovamento stilistico e musicale generando il “guaracha“. Questo nuovo genere si originò nei bordelli dell’Habana espandendosi fino a Puerto Rico dove fu assorbito dalla tradizione musicale locale. Il guaracha, frutto del danzonete, iniziò a diffondersi a macchia d’olio con una caratteristica esasperazione dei movimenti morbidi del corpo unitamente ad una sempre più evidente flessione delle gambe.

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Figlio del guaracha è il son, un genere musicale costituto da un ritmo continuo che non vede più la coppia ballare in uno spazio definito. Il son è considerato uno dei primi balli di coppia moderni. Nacque a Santiago de Cuba dalla fusione di stili europei (danzon) e danze campestri di fine ‘800. I suoi strumenti erano il tres, bongo, guiro e successivamente la marimbula. Questo nuovo ritmo influenzò talmente profondamente la cultura cubana al punto da contaminare ciò che in seguito verrà definito come mambo, come salsa e come timba (genere musicale più recente che subisce le influenze del jazz, rock’n’roll, disco, funk, hip Hop .

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Nel 1800 la cultura spagnola penetró talmente a fondo le tradizioni cubane che a Santiago de Cuba giunse qualcosa di nuovo: il boleros, prodotto del son e dell’habanera (danza di origini spagnole reinventata a Cuba con un ritmo lento e simile al tango). Il bolero arrivó, quindi, dalla Spagna quasi privo di strumenti a percussione che furono ben introdotti dai musicisti cubani partorendo così un mix di suoni generati da chitarre, battiti di mani (palmeo), claves, maracas e bonghi e raggiungendo il picco della popolarità tra gli anni ’30 e ’60.

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Del M° Nicola Gelsomino

Mambo – storia di un ritmo che ha conquistato il mondo

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Il mambo è un genere musicale divenuto danza che trovò le sue origini sull’isola di Cuba al principio degli anni ’30 e che raggiunse il picco del successo tra gli anni ’50 e ’70 diffondendosi nel mondo come un’ innovazione travolgente.
Il termine “mambo” è probabilmente legato al nome del Dio della guerra a cui la popolazione africana era solita dedicare rituali caratteristici. Il riferimento alla parola “mambo” era rivolto fondamentalmente a tutta la musica religiosa e spirituale il cui fine ultimo si concretizzava nella volontà sciamanica di entrare in contatto con le divinità. Si suppone che una delle tante interpretazioni del termine sia “sacerdotesse” o “coloro che parlano con Dio” evidenziando l’importanza del ruolo femminile nella comunicazione divina oltre a quello maschile dei capi tribù, concetto molto vicino alle descrizioni comuni delle pratiche voodoo.
Subito dopo la fine della schiavitù si avvertì da parte dalla popolazione liberata la necessità di dare vita ad un ballo più frenetico e dal ritmo più travolgente dato che fino a quel momento le danze erano risultate molto limitate nei movimenti ed eccessivamente ridotte in termini di spazio (poiché i piedi dei bailadores erano costretti da impietose catene).
Come evoluzione del danzon, quindi, la trasformazione del mambo si diffuse a Cuba attraverso un ritmo scandito principalmente da strumenti a percussione a cui nel tempo si aggiunsero strumenti a fiato e a corda.

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La paternità di questo nuovo genere è stata contesa da molti artisti, in particolare il violoncellista Oreste Lopez, il quale composto un danzon gli affidò il nome “mambo” ed Arsenio Rodriguez che unì il son a musiche proprie dei rituali voodoo.

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Il mambo, quindi, iniziò la sua storica evoluzione soprattutto con l’introduzione del ritmo “sincopato” che rese il brano molto più coinvolgente.
L’allontanamento ritmicamente più significativo dal danzon fu decretato da Antonio Arcaño il quale introdusse il pianoforte in un già crescente panorama strumentale. Ne conseguì un graduale distacco anche dal son i cui ritmi erano decisamente troppo lenti per il “nuovo mambo”.

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La diffusione mondiale incalzò con artisti come Celia Cruz, Tito Puente e soprattutto Perez Prado il quale veicoló la cultura musicale del mambo prima in Messico (introducendo l’organo come strumento) poi a New York dove fu “incoronato Re del Mambo” (enfatizzando le percussioni e inserendo strumenti a fiato) fino ad arrivare in Europa dove, specialmente nel periodo successivo alla fine della seconda guerra mondiale, il mambo trovò terreno fertile innescando una vera e propria “febbre mambo”.
Dal punto di vista coreografico, in un primo momento le figure erano davvero poche e soprattutto effettuate secondo linee di ballo esclusivamente “orizzontali“, successivamente il ritmo divenne troppo incalzante per garantire una gradevole armonia stilistica nel movimento, per cui le figure aumentarono numericamente e vennero inseriti passi e movenze eseguite anche in variazioni “verticali” (avanti e indietro).
Risulta di notevole importanza sottolineare la vorticosa metamorfosi del mambo avvenuta durante questi anni attraverso l’evidente contaminazione geografica e culturale. Un “mambo” che si genera a Cuba e che passando per Puerto Rico giunge a New York imbevuto di miscele ritmiche e strumentali sempre più ricche ed evolute.

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Infatti, è proprio nei locali newyorkesi che i musicisti riscontrarono non poche difficoltà nell’ attribuire un’ etichetta comune a questo neonato e variegato mix di ritmi: nasce la “salsa“, termine coniato appunto per facilitare l’individuazione di un genere che sarà in seguito meglio noto come “salsa mambo” o “salsa New York style” e che giungerà nella luminosa e notturna Los Angeles la quale renderà la salsa un vero e proprio “spettacolo acrobatico“.

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Del M° Nicola Gelsomino